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Una storia di

Disturbo ossessivo-compulsivo

*importante

in caso di emergenza
chiamare il 112

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Ho 28 anni e da circa 6 anni convivo con un disturbo ossessivo-compulsivo, che mi hanno detto essere da contaminazione. Quella che ho è una paura paralizzante di avere l’HIV e di trasmetterla alle persone con cui ho un contatto o che toccano le mie stesse cose.

So di non avere questo virus, ma quando mi trovo in situazioni che mi sembrano rischiose questa certezza scompare e lascia spazio alla paura, all’ansia e al senso di colpa. E se per per colpa mia una persona si prendesse l’HIV?

Tutto è iniziato durante il mio tirocinio. Ho frequentato un’università in ambito medico e ho deciso di fare il mio tirocinio in un ambulatorio. I ritmi, tra università, esami, tirocinio e sport erano molto pressanti, ma aiutare le persone che venivano in ambulatorio mi piaceva tantissimo.

Un giorno è venuta una persona per fare un prelievo e l’infermiera mi ha detto sotto voce di fare attenzione, perché era una persona che aveva contratto l’HIV anni prima. Sul momento non ho dato molto peso alla cosa. Col passare del tempo però ho iniziato a sentirmi debole, non capivo come mai. Ad un certo punto mi è venuto in mente, come un flash, il viso di quella persona che avevo visitato. Mi ha assalito un senso di paura quasi paralizzante e il desiderio di scacciare via quel pensiero. Ho iniziato a ripercorrere con la mia mente ogni movimento che avevo fatto: i guanti, l’ago coperto, il disinfettante, il batuffolo di cotone, il prelievo, la fialetta, il cerotto… Ho pensato a cosa avevamo toccato entrambi. Mi sentivo sporco, contaminato e contagioso. Mi sono fatto una doccia molto lunga, sperando di lavare via quella sensazione, ma non è sparita. Ho iniziato a pensare a tutto quello che avevo toccato negli ultimi giorni. In quel momento ho realizzato a quante persone avrei potuto aver trasmesso l’HIV. Ed è così che ho iniziato a convivere con l’ossessione.

I pensieri e le preoccupazioni nel tempo si sono fatti sempre più costanti, sempre più faticosi da gestire e sempre più ingombranti. Ho iniziato a cercare incessantemente tutti i modi per scacciare quei pensieri, per bloccarli. Nel tempo ho smesso di fare sport, ho interrotto il tirocinio, ho smesso di andare a lezione, ho eliminato le uscite con gli amici. In casa, per non mettere a rischio i ragazzi, ho iniziato a fare le cose in modo molto accurato: tutto ciò che era evitabile non lo toccavo, e se lo facevo, lo pulivo. Piano piano fare ogni cosa era diventato estremamente impegnativo, oltre a richiedere tantissimo tempo. Anche la convivenza con i miei coinquilini nel tempo è diventata difficile: ho iniziato a chiedere a loro sempre più rassicurazioni e conferme sull’effettiva pulizia delle cose, fino a sfinirli. Volevo evitare a tutti i costi di sentirmi una persona spregevole che a causa della mia distrazione avrebbe potuto rovinare la vita di altre persone.

Razionalmente sapevo che tutto ciò non aveva senso. Avevo fatto gli esami del sangue mille volte ed erano sempre stati negativi. Razionalmente sapevo che questo disturbo mi stava privando della mia vita, ma come potevo correre il rischio? 

Con molta pazienza un mio caro amico, preoccupato per me e per quanto il disturbo stesse diventando invalidante, mi ha convinto a chiedere un aiuto. Ho iniziato così un percorso psicologico e poco dopo ho affiancato anche una terapia farmacologica su indicazione della psichiatra, per calmare almeno un po’ l’agitazione e l’ansia che mi venivano ogni volta che mi veniva un pensiero di contaminazione.

Sto facendo questo percorso da circa un anno. All’inizio, per quanto sapessi che la mia vita con il disturbo ossessivo-compulsivo era diventata impossibile, c’era sempre una vocina dentro di me che mi ammoniva e mi ripeteva “sei sicuro di voler correre il rischio?”. Con il tempo ho iniziato a fidarmi, di lei, di me e della possibilità di correre qualche rischio minimo. Ho iniziato a ridurre le compulsioni, a tollerare almeno un po’ l’ansia dei miei pensieri, ho imparato a conviverci, a lasciarle il giusto spazio senza farmi invadere. La maggior parte del tempo riesco a gestirli senza ricadere nel ciclo delle compulsioni, riesco a tollerare l’ansia e l’incertezza rispettando i miei tempi e accettando che ci possono essere momenti di maggior stress in cui il disturbo ossessivo-compulsivo si fa più forte, senza che questo voglia dire che sta ricominciando tutto da capo. I momenti di fragilità fanno parte di ognuno di noi e della nostra vita e ho capito che accettarli è l’unico modo per affrontarli e superarli.

Questa storia è un esempio di come il disturbo ossessivo-compulsivo possa essere un’esperienza pervasiva, che piano piano riesce ad occupare l’intera vita di una persona.

Questo tipo di disturbo può però essere curato, comprendendo le ragioni per cui si è sviluppato.

Di seguito vediamo insieme alcuni falsi miti su questo disturbo per conoscerlo meglio.

Tieni conto che è un disturbo molto variegato e può avere manifestazioni diverse tra diverse persone. Se vuoi parlarne e confrontarti sulla tua esperienza puoi contattarci.

MITO
Avere un disturbo ossessivo-compulsivo significa avere il desiderio di tenere tutto pulito e in ordine.

FATTO
Questo disturbo è qualcosa di molto più complesso del tenere tutto pulito e in ordine, non è un desiderio, ma un bisogno irrinunciabile, compulsivo appunto. Le compulsioni sono infatti strategie e tentativi per tenere sotto controllo il pensiero ossessivo riguardante il fatto che possa succedere qualcosa di brutto. Le compulsioni mirano a ridurre il rischio di sentirsi colpevoli e responsabili di quel potenziale evento che si vuole scongiurare a tutti i costi.

MITO
Avere il disturbo ossessivo-compulsivo significa essere sempre ordinati e puliti.

FATTO
Essere ordinati e puliti non è necessariamente un sintomo condiviso da tutti coloro che soffrono di questo disturbo. Ci sono molti altri tipi di compulsioni che si possono sviluppare che non riguardano la pulizia. Al contrario, non tutti coloro che sono ordinati e puliti hanno un disturbo ossessivo compulsivo. Ancora una volta, questo disturbo viene diagnosticato solo se la compulsione è angosciante e anche debilitante ed è accompagnata dal pensiero ossessivo.

MITO
Avere il disturbo ossessivo-compulsivo vuol dire avere ansia per i germi e lo sporco.

FATTO
Questo disturbo è molto complesso e variegato. L’ansia per i germi e lo sporco è un sintomo di uno dei sottotipi di tale disturbo. I seguenti esempi possono essere alcuni tipi di disturbo ossessivo-compulsivo: controllare moltissime volte di aver compiuto certe azioni (chiudere la porta della macchina, chiudere il gas, spegnere le luci, ecc.); ripetere più e più volte certe parole, frasi o gesti; tenere tutto in un ordine preciso e rigido le cose (vestiti, documenti, stoviglie, oggetti, ecc.); accumulare oggetti vecchi, rotti, inutilizzabili e senza che abbiano un valore affettivo (giornali, vestiti, elettrodomestici, ecc.); preoccuparsi eccessivamente di alcune imperfezioni del proprio aspetto e controllarsi ripetutamente allo specchio, confrontarsi con l’aspetto altrui e chiedere rassicurazioni.

MITO
Il disturbo ossessivo-compulsivo è una scusa per le persone che sono esigenti e controllanti. Basta impegnarsi per smettere di fare le compulsioni e il disturbo sparisce.

FATTO
Le compulsioni sono strategie per gestire l’ansia e il senso di responsabilità, che sono il cuore del disturbo. Avere un disturbo non ha nulla a che vedere con la “forza” di una persona. Dire a qualcuno che ha un disturbo d’ansia o un disturbo ossessivo-compulsivo di “fermarlo” è come dire a qualcuno che ha bisogno degli occhiali di “vedere meglio”: purtroppo non è così semplice e non funziona in questo modo.

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