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Una storia di

Depressione e Anoressia

*importante

in caso di emergenza
chiamare il 112

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Mi chiamo Sara, vorrei condividere la mia storia perché spero che possa servire a chi come me combatte con un disturbo mentale e non vuole arrendersi. Oggi, all’età di 30 anni, conosco la mia diagnosi: anoressia e depressione

Soffrivo di depressione a intermittenza sin da quando ero un adolescente. 

In alcuni periodi la situazione sembrava precipitare, mi sentivo molto giù, senza speranza e incapace di funzionare correttamente. Avevo una bassa autostima e non mi sentivo affatto bene con me stessa. Non sapevo come controllare le mie emozioni e cosa fare per allontanare quel malessere. 

Mi dicevo costantemente di calmarmi, che non avevo nulla per cui sentirmi giù, avevo una famiglia amorevole e 2 bambini fantastici a cui badare. Ma niente sembrava aiutarmi.

Ho avuto il mio primo figlio all’età di 19 anni e quando aveva pochi mesi mi sono rivolta a un consultorio perché mi sentivo in difficoltà a portare avanti gli impegni di tutti i giorni. Semplicemente avrei voluto essere felice e serena per vivere pienamente la mia vita e i momenti belli che mio figlio mi donava.

Dopo aver frequentato per qualche tempo il servizio e aver fatto dei buoni colloqui con la psicologa e il medico che mi seguivano, le cose cominciavano ad andare un po’ meglio tanto da non sentire più il bisogno di tornarci. Ma in realtà è stato come chiudere a chiave un “cassetto” per non vedere quali erano i miei problemi.

La mia vita è proseguita tra alti e bassi, giorni buoni e altri cattivi. Poi all’età di 25 anni sono rimasta di nuovo incinta ed è nata mia figlia. Al di là degli impegni famigliari non c’erano altri problemi, ma affrontare tutto mi richiedeva un grande sforzo e spesso mi sentivo stanca, triste e tendenzialmente depressa. 

Sono andata avanti così senza cercare aiuto. 

L’anno successivo è capitato che ho perso una delle mie migliori amiche vittima di un incidente stradale. 

Dopo questo evento e il dolore per questa perdita è iniziato, per me, un periodo estremamente difficile da affrontare. 

Non riuscivo a concentrarmi e mi sentivo come se tutto intorno a me fosse al rallentatore. Ero lì ma con la mia testa ero da un’altra parte. E’ stata la sensazione peggiore che abbia mai provato. Cercavo di tenermi impegnata con i miei figli, ma nella mia testa c’erano così tanti pensieri a distrarmi, mi sentivo altrove e non riuscivo a vivere nel presente e ad apprezzare le cose che stavo facendo.

Le persone intorno a me, mio marito e mia madre, cominciavano ad essere seriamente preoccupate per la mia salute e mi hanno convinta a prendere un appuntamento da un medico.

A quell’appuntamento sono crollata e ho spiegato al dottore che stavo lottando per farcela ma mi sentivo esausta. Mi ha chiesto se poteva pesarmi e prendere la mia altezza, cosa che ho trovato strana considerando che gli stavo dicendo che ero depressa, ma poi mi ha chiesto se pensavo di essere anoressica. A quella domanda ho risposto di no, ma stavo completamente negando la realtà, avrei voluto solo un aiuto per far sparire i miei pensieri perché non mi sentivo più in grado di farcela.

Per cercare di uscire da quella brutta situazione ho iniziato a frequentare regolarmente uno psicoterapeuta, un dietologo e uno psichiatra. E’ stato un percorso particolarmente difficile per me. Ho trovato difficile parlare del mio passato e ho sentito che le cose sono peggiorate prima di migliorare. Alla fine ho trovato la forza per affrontare alcuni dei problemi che, nel corso degli anni, erano stati rinchiusi nel “cassetto” per tentare di scacciarli dalla mia mente.

Non capivo perché ero così com’ero, quindi come potevo aspettarmi che qualcun altro mi capisse?

La gente commentava il mio aspetto, ma io lo negavo e, ad essere onesti, mi faceva solo sentire peggio perché la mia fiducia era già bassa.

Quando ripenso alla mia infanzia ora, essendo più consapevole della mia condizione, posso vedere che avevo problemi con il mangiare già da quando ero molto giovane, probabilmente intorno ai 7 anni, ma suppongo che più questa diventasse un’abitudine, più fosse normale per me. Quando ho raggiunto la mia adolescenza è diventato ancora di più un problema, saltavo i pasti o mangiavo molto poco e a volte mi ammalavo. A scuola odiavo mangiare davanti alle persone e mi sentivo grassa. Mi sono sempre paragonata ad altre ragazze e in genere non mi piacevo.

Questi ultimi 3 anni sono stati estremamente impegnativi, è stato un processo molto difficile da affrontare, ma ho imparato molto. 

Ho imparato che va bene avere brutte giornate perché ogni giorno è un nuovo giorno, va bene parlare con le persone quando stai lottando perché è meglio parlare che imbottigliare i tuoi pensieri e le paure. Inizialmente non volevo dirlo alla gente perché sentivo che avrebbero potuto giudicarmi o pensare che fossi una cattiva madre, ma i miei figli sono il mio mondo e farei qualsiasi cosa per loro.

Mi sono resa conto che per me non è facile affrontare gli eventi della vita e le situazioni stressanti in modo efficace. Faccio ancora fatica a mangiare, le situazioni legate al cibo mi creano ansia e questo ha un effetto su cose come andare al ristorante o andare a mangiare a casa di parenti e amici. Alcune persone semplicemente non capiscono e dicono cose come “mangia qualcosa”, “si supera tutto”, “andrà tutto bene”,  ma se fosse così facile mi risparmierei un sacco di problemi, lo farei e basta, ma non è così.

Ancora oggi mi capita di avere delle brutte giornate, ma ora mi sento più attrezzata per affrontare le mie emozioni più di quanto non abbia mai fatto in passato. Continuo a incontrare regolarmente professionisti e non rifiuto mai l’aiuto che mi viene offerto, farei di tutto per evitare di tornare dove ero 3 anni fa.

La storia di Sara mette in luce l'importanza di chiedere aiuto a professionisti per poter dare un senso a quello che accade e a quel malessere che si prova, ma a cui non si riesce a dare un nome.

Parlare e affrontare il dolore è fondamentale per capire quale strada intraprendere per poter stare meglio.

Di seguito vediamo insieme alcuni falsi miti riguardo alla depressione e all'anoressia.

Tieni conto che la depressione e l'anoressia possono avere manifestazioni differenti in persone diverse.

MITO
La depressione è come la tristezza.

FATTO
Depressione e tristezza sono due condizioni molto diverse. Provare tristezza per qualcosa che è successo o che è andata male è normale. La tristezza come la gioia è un’emozione che proviamo tutti, è fisiologica e transitoria. Quando siamo depressi, invece, proviamo tristezza o un senso di vuoto per la maggior parte della giornata. Proviamo uno scarso interesse e piacere per tutte o quasi tutte le attività che prima ci piaceva fare. Anche il nostro rapporto con il cibo e l’appetito possono variare, così come quello con il sonno. Possiamo sentirci costantemente agitati anche senza un apparente motivo, oppure ci sentiamo rallentati nei movimenti e nei pensieri.

 

MITO
Per uscire dalla depressione serve un po’ di volontà.

FATTO
è opinione molto radicata che con la forza di volontà sia possibile superare un disturbo depressivo, ma chiedere alla persona di mettercela tutta e di sforzarsi non fa altro che acuire i sintomi in chi ne soffre. La volontà è una quantità di energia psichica di cui una persona dispone e che può utilizzare per realizzare qualcosa che desidera fare. La depressione, al contrario, è una mancanza di energia psichica nella persona e quindi non rappresenta una risorsa dalla quale può attingere per uscirne.

 

MITO
Si vede subito quando una persona è depressa.

FATTO
C’è la convinzione diffusa che la depressione si legga in faccia. A volte è vero che alcune persone non riescono a nascondere il pessimo umore e la loro condizione di sofferenza. Ma è altrettanto vero che diverse persone riescono a nascondere la loro depressione, specialmente quando si trovano in mezzo ad altre persone, per timore di essere giudicati, non compresi o isolati.

 

MITO
Dalla depressione non si guarisce

FATTO
la depressione è una malattia complessa e anche le terapie sono impegnative. Ciò non significa che non si possa guarire o che non si possa raggiungere una buona qualità della vita. Attualmente sono molte e diverse le terapie che possono essere utilizzate. Meglio non aspettare! Rivolgersi per tempo al proprio medico o a uno specialista facilita il percorso di guarigione e riduce la nostra sofferenza e quella di chi ci circonda.

 

MITO
Anoressia significa mancanza di appetito e non è una malattia.

FATTO
L’anoressia nervosa fa parte dei Disturbi del Comportamento Alimentare ed è una malattia vera e propria che può avere conseguenze gravi a medio/lungo termine se non viene curata. La maggior parte delle persone anoressiche assume cibo, ma non a sufficienza, un’altra parte lo assume in modo apparentemente normale ma subito dopo mette in atto comportamenti di compenso per eliminarlo tramite vomito o lassativi oppure tramite intensa attività fisica oppure tutte e due insieme. La persona anoressica, infatti, rifiuta il cibo perché non vuole, e in un certo senso non può alimentarsi, ma non perché non avverta lo stimolo della fame. Ciò che spinge chi soffre di anoressia non solo a digiunare, o quasi, ma anche a praticare un’attività fisica eccessiva rispetto alle calorie che ingerisce è la paura di ingrassare e un’alterata percezione del proprio corpo. Nell’anoressia nervosa alcune caratteristiche cliniche rilevate come umore depresso, isolamento sociale, mancanza di energia, sonno disturbato sono la conseguenza della malnutrizione e del sottopeso, ma la presenza degli stessi sintomi anche nel disturbo depressivo può creare confusione al momento della diagnosi nel comprendere se e in che modo i due disturbi coesistono. 

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